Il viburno rosso by Vasilij Šukšin & Paolo Nori

Il viburno rosso by Vasilij Šukšin & Paolo Nori

autore:Vasilij Šukšin & Paolo Nori [Šukšin, Vasilij & Nori, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788835912576
Google: fR0tAgAACAAJ
editore: Marcos y Marcos
pubblicato: 1978-08-15T09:40:59+00:00


Nel frattempo Egor sbrigava i suoi affari in città.

Per prima cosa si procurò dei vestiti di lusso.

Camminava per la strada di una piccola cittadina di legno, su un marciapiede di legno, con un vestito nuovo di zecca, con la cravatta, il cappello e le mani in tasca.

Fece un salto in posta. Su un modulo telegrafico scrisse l’indirizzo, la somma in lettere e qualche parola di saluto. Consegnò il modulo, appoggiò i gomiti vicino allo sportello e iniziò a contare i soldi.

«‘Dai i soldi a gubošlëp’» lesse la ragazza dietro lo sportello. «Gubošlëp è il cognome, vero?»

Egor ci pensò un attimo. E disse: «Esattamente, è il cognome».

«E perché l’ha scritto con la lettera minuscola? Se è il cognome!»

«Ce ne sono di peggiori» disse Egor. «Da noi al consorzio c’era un tale, Pistonov».

La ragazza alzò la testa. Era una ragazza molto carina, dagli occhi grandi, con il nasino corto e schiacciato.

«Be’, e quindi?»

«Niente. Il cognome, dico, è Pistonov». Egor era serio. Si ricordò di avere il cappello.

«Be’, è un cognome normale».

«Tutto sommato sì, normale» approvò Egor. E all’improvviso si dimenticò di avere il cappello, sorrise. E si preoccupò. «Dica, prego» si infilò nello sportello «ecco, sono arrivato con una miniera d’oro, ma qui non ho nessun conoscente…»

«Be’, e quindi?» la ragazza non capì.

«Lei ha un fidanzato?» chiese diretto Egor.

«E a lei che importa?» disse lei, la ragazza dal naso schiacciato in punta, come se non fosse molto stupita, e aveva persino interrotto il lavoro e guardava Egor.

«Io, voglio dire, non potremmo fare insieme una sorta di giro speciale per la città?»

«Cittadino!» la ragazza alzò la voce severamente. «Non si comporti da villano qui! Vuole mandare i soldi? Che li mandi».

Egor si allontanò dallo sportello. Si era offeso. Che bisogno aveva di interrompere il lavoro e guardarlo teneramente? Egor solo in quel momento aveva realizzato che la ragazza prima di cominciare ad urlare l’aveva guardato teneramente. Si chiedeva: a che pro usare tutti questi trucchetti?

“E subito ti prendono per un farabutto!” si indignò lui a bassa voce. “‘Cittadino!’ Per lei io sono un cittadino? Per lei io sono un compagno e anche un amico e un fratello”.

La ragazza di nuovo alzò su di lui i grandi occhi grigi.

«Lavori, lavori» disse Egor. «Invece di fare gli occhi dolci!»

La ragazza fece “uhm” e prese il modulo.

«Il cappello, però, se l’è messo» disse senza trattenersi e senza guardare Egor.

E sempre senza guardarlo gli diede la ricevuta: la appoggiò sul banco e si mise a fare altro. E provaci a distrarla da quegli affari.

“Puttane” imprecò Egor, uscendo dalla posta. “Ve lo faccio ballare io il canto del cigno! La polca!” Si mise a camminare verso il ristorante della stazione. “La tarantella!” Si scaldò. Nei suoi occhi comparve quel luccichio inquieto che confermava che la sua anima si agitava e con dolore batteva nel petto. Allungò il passo. “No, come vi piace tutto ciò! Marionette. Cappuccetti rossi… Adesso vi faccio fare pattinaggio artistico! Animerò l’ambiente e farò baldoria”. Andava avanti a borbottare le cose senza sen-so che gli



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